Sicurezza sul Lavoro: la Cassazione fa chiarezza sui contratti a tempo determinato


La sentenza n. 5241/12, pubblicata il 2 aprile scorso dalla sezione lavoro della Cassazione, stabilisce che, qualora il datore di lavoro non risulti in regola con quanto stabilito dal Testo Unico per la sicurezza nei posti di lavoro, esso rischia di non poter mai licenziare i propri lavoratori con contratti a tempo determinato. Il termine apposto al contratto, infatti, sarebbe nullo per contrarietà a norme imperative di legge. In caso di violazione degli obblighi concernenti la sicurezza, spetta al giudice del merito decidere se vi sono i presupposti di nullità del termine (di cui all’articolo 3, lettera d del D. Lgs. 368/01). Il giudice può, quindi, disporre la conversione del rapporto a tempo indeterminato nelle aziende ove non sia stata realizzata la valutazione dei rischi in base alla normativa di riferimento.

Sono applicabili, inoltre, le norme del collegato-lavoro. Il datore di lavoro è obbligato a versare, in favore del lavoratore, una somma compresa tra 2,5 e 12 mensilità a titolo d’indennità onnicomprensiva. Ciò assume un’evidente valenza sanzionatoria ed è dovuta in ogni caso, anche in mancanza di danno, ossia, anche nel caso in cui il lavoratore trovi immediatamente un’altra occupazione.
Pertanto, la condanna al pagamento è associata unicamente alla declaratoria di conversione del rapporto di lavoro e scatta a prescindere sia dall’esistenza di un danno realmente subito dal lavoratore, sia dalla dichiarazione di morosità del datore di lavoro. L’indennità è “forfetizzata”, vale a dire predisposta in modo tale da racchiudere ogni danno subito per effetto della nullità del termine.

 


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