Retribuzione degli straordinari per i lavori a chiamata, cosa prevede il Ministero del Lavoro


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L’Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio (A.N.I.S.A.) ha presentato al Ministero del Lavoro una richiesta di chiarimenti relativa alla possibilità di esenzione rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003, (“Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”. Gu n. 87 del 14 aprile 2003), per i lavoratori con contratto di lavoro di tipo intermittente nelle situazioni in cui venga effettuato lavoro straordinario eccedente le 40 ore settimanali. La domanda dell’associazione riguarda in particolare il trattamento economico, e chiede se in considerazione della natura del contatto a chiamata e della difficoltà di quantificare un preciso orario di lavoro in termini di ore/settimana per questo tipo di attività, sia fattibile ricomprendere qualsiasi intervento all’interno dell’orario di lavoro settimanale, anche dal punto di vista retributivo.

In particolare, il citato decreto legislativo n. 66 del 2003 definisce lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di lavoro pari alle 40 ore settimanali, o come diversamente concordato all’interno degli specifici contratti collettivi, senza che sia necessariamente prevista una durata massima giornaliera dell’orario di lavoro. Le prestazioni di lavoro straordinario devono essere regolamentate nelle modalità di esecuzione e riguardare attività svolte al di fuori del normale orario di lavoro inteso come “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. (Articolo 1, comma 2, punto a del d.lgs. n. 66/2003).

Contratto e straordinari

Il decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015 “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. (GU n.144 del 24 giugno 2015) è quindi successivamente intervenuto a regolamentare l’istituto del lavoro a chiamata, disponendo in proposito che il corrispettivo riconosciuto al lavoratore intermittente sia regolato dal principio di proporzionalità, ossia debba essere individuato in considerazione della prestazione effettivamente eseguita, secondo il principio che il lavoratore intermittente non debba ricevere un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. In particolare, oltre all’aspetto economico, l’articolo 17 del D.lgs. 81/2015, disciplina anche le modalità di erogazione delle ferie, dei trattamenti per malattia e infortunio, e dei congedi di maternità e parentale.

Il contratto di tipo intermittente ha per sua stessa natura una impostazione flessibile e modulabile, e quindi, così come già richiamato dalla lettera circolare numero 4 del 2005 del Ministero del Lavoro, non risulta possibile imporre obblighi contrattuali che disciplinino l’orario di lavoro e la collocazione temporale della prestazione lavorativa. Tali situazioni vengono di conseguenza lasciate alla contrattazione tra le parti che deve tenere in considerazione la specifica natura dell’attività che prevede per esempio l’obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro.

In considerazione del presente quadro normativo la Commissione Ministeriale risponde all’interpello dell’associazione Anisa, chiarendo che nell’ipotesi di lavoro straordinario “la facoltà concessa al datore di lavoro di attivare il contratto di lavoro intermittente rispetto ad esigenze e tempi non predeterminabili, non consente di escludere l’applicazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario e delle relative maggiorazioni retributive, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 66 del 2003 e di quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.”

 


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